Lo incontriamo in un collegamento a distanza. Sorriso aperto e maglietta di Grogu, il personaggio protagonista di Mandalorian, spin off di Star Wars, il capolavoro di George Lucas che ha attraversato generazioni con spunti culturali e filosofici di grande rilievo.
Iniziamo a parlare e fa piacere vedere come questo trentenne abbia le idee chiare. 
Non si presenta con delle ricette pronte e fatte, ma sembra avere consapevolezza delle priorità di vita e di come, poi, funzionino le cose. Gli affetti familiari, le relazioni e una gestione del lavoro decisamente contemporanea, ‘sostenibile’ per usare un termine molto attuale.
E ciò che più ci piace è che, con lo sguardo sul mondo, vuole fare qualcosa di buono qui, in Italia, contribuendo allo sviluppo del nostro Paese.

Siamo molto contenti di inaugurare lo spazio di Startup in Goal, dedicato ai professionisti del mondo del lavoro che possono fare la differenza, a Matteo Basei Fantolino. Torinese, Executive Coach Slow Finence, ricercatore universitario, con all’attivo numerose esperienze formative tra cui quella all’Adriano Olivetti Leadership Institute in cui ha fatto sua la filosofia della Leadership Adattiva teorizzata alla Harward University.



Matteo, benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Ormai da alcuni anni sentiamo parlare di Slow Business. E tu in particolare ti occupi di Slow Finance. Di cosa si tratta?

Faccio una premessa. Mi ha particolarmente colpito il vedere la copertina di un libro come Terrafutura, con Carlo Petrini (laico e ateo dichiarato, figlio del capo della sezione del partito Comunista di Bra) e Papa Francesco. Avendo approfondito e, ripercorsa l’Enciclica Laudato Sì, e il lavoro incredibile svolto da Slow Food International, sono incappato in altri libri altrettanto interessanti. Per limitarmi a citarne due. Il Gusto di Cambiare sempre di Carlo Petrini e Gaël Giraud e il libro di Clara Mattei, Operazione austerità. Come gli economisti hanno aperto la strada al fascismo. Ho pensato, bisogna fare qualcosa, non basta la narrativa che sento. 
Ho quindi immaginato di raccordare, la proposta teorica di Oscar di Montigny, quale nuovo paradigma sociale incentrato sull’Economia Sferica, e quanto fatto in modo esemplare e fantastico dall’Università di Scienze Gastronomica di Pollenzo, appunto, l’Università di Slow Food
Sono stato portato a queste conclusioni a forza di seguire Oscar Farinetti e frequentando spesso l’OTIUM rooftop di Green Pea di Torino, nonchè parlando con Dario Casalini, il fondatore di Slow Fiber, una rete di imprese che ad oggi conta ben 800 dipendenti e poco più di 1 miliardo di fatturato. 

Sono spunti davvero interessanti. E allora come arriviamo alla Slow Finance?

Significa applicare i valori di Slow Food, il ‘Buono, Pulito e Giusto’ al mondo della Finanza. Perché se mangiare è un atto agricolo, o meglio, un atto politico, spendere e investire, lo è, ancor di più, a maggior ragione. 
Forse Carlin avrà pensato di giocare su un piano di fattibilità, attaccare il dualismo di contrapposizione Capitalismo Vs. Comunismo sarebbe stato troppo presto nel 1986. Oggi, nel 2024, non più.
Ma Slow Finance non è solo un modello teorico o un sistema tassonomico per definire la misurazione dell’impatto delle filiere di responsabilità. È anche relazione sociale, ovvero, porre l’attenzione precisamente a cosa succede tra le persone che lavorano.
E qui ci viene in aiuto un altro libro fondamentale, Reinventare le Organizzazioni di Frederic Laloux, in cui ci parla della TEAL organization. Ecco, io mi sono quindi immaginato di unire all’interno della cornice dello Slow Finance la rivoluzione gentile della TEAL e la teoria(dovrei dire pratica) delle eXo, ovvero le Exponential Organization, altro libro di Salim Ismail, Michael S. Malone e Yuri Van Geest.

Quindi cambia il punto di vista?

La riflessione si sposta quindi sul senso, sul significato, sulla vocazione di un investimento, un’impresa, un’operazione finanziaria o una spesa. Un lavoro. Un mestiere. Non mi son fermato a questo, ho reso acronimo la parola TEAL che in inglese significa solo verde acqua, e l’ho fatto diventare T.E.A.L. ovvero Trustfull, Ecological, Adaptive Leadership. 
Perchè se prima non ci mettiamo d’accordo sulla gerarchia valoriale da servire, rispettare e quindi sulle modalità operative di declinazione pratica di tali valori, ci mettiamo a litigare se andiamo ad applicare i principi di Ecologia integrale. E dato che nel fare ciò, serve un continuo lavoro di fraiming e re-fraiming, ovvero di problem setting, problem description e problem definition, volto a un fraiming condiviso, per fare ciò in modo gentile e rispettoso, inclusivo e partecipativo, abbiamo bisogno della pratica della Leadership Adattiva.
Tutto questo è molto difficile, complesso e articolato. Difficile, anzi, impossibile da gestire con le classiche metodologie di management. Mi è venuto in soccorso allora il Serendipity Coaching, una particolare pratica di Performance Coaching, volto a scovare, valorizzare e sfruttare le serendipity che sopraggiungono. 
Un esempio pazzesco di tutto ciò ce l’ho ha dato a mio avviso Sergio Marchionne. Realizzando una serie di ‘Unthinkables’ ovvero, cose impensabili prima, che poi, a cose fatte, paiono elegantemente quasi ovvie e naturali, nella loro sequenzialità. 

In quest’ottica, come una startup o un’azienda di esperienza possono far proprio questo approccio gestionale?

Semplice. Ascoltando le persone e le cose giuste, ponendosi le domande giuste, decidendo insieme per pianificare a lungo termine e poi, una volta fatto ciò, agendo come collettivo. Certo, con l’aiuto di un allenatore che tenga un occhio al campo da gioco e un occhio al campionato, ma anche un occhio allo spogliatoio, allora tutto, diventa più facile. 

E invece, che cos’è una Teal Organization?  E come questo tipo di struttura aziendale può fare la differenza, per esempio nelle situazioni di crisi? Qualche esempio?

Le Teal Organization sono lo stadio evolutivo della GreenEconomy. Ora si sente tanto parlare di Circolar Economy, Green washing, Green, ESG, CSR, Global Reporting Standard (https://www.globalreporting.org/standards/ ) e l’Unione Europea sta varando tutta una serie di normative in materia per normare il mare magno di confusione che ne è emerso. Ognuno ha fatto un po’ come poteva e pensava meglio. Il risultato spesso però è tanta più burocrazia e carte che certificano filiere che non cambiano, relazioni aziendali, sindacali, interpersonali, sociali, iniquità e ingiustizie sociali, che in fin dei conti, son sempre le stesse. Poco cambia, veramente. Con la TEAL abbiamo una rivoluzione, ma, una rivoluzione gentile. E abbiamo anche un paradosso. Perché se la AI, espressione della Tecnocrazia più assoluta e quindi del Capitalismo più spinto, ci renderà tutti senza lavoro, e quindi, introdurrà l’utopia comunista di grande classe sociale in cui i lavoratori scompaiono, l’ossimoro altrettanto paradossale, dall’altra parte, è che la lotta di classe di sublima in coopetition, ovvero competizione collaborativa, a tal punto che per il buon riuscire del progetto a cui si lavora, si predilige un approccio bottom up, a discapito delle vecchie gerarchie piramidali top down.
Vengono meno imposizioni watherfall prese dall’alto e vengono incentivati collaboratori in settori in cui la vera sfida è ottenere i migliori lavoratori, coinvolti e mentalizzati fedelmente a lavorare con affidabilità per l’azienda. Si parla di azionariato diffuso, di stakeholderism, insomma, la sublimazione del Comunismo ci ha reso tutti investitori, tutti un po’ padroni, tutti soci.
La TEAL, dicevo, è una rivoluzione gentile, che va capita alle sue radici. Sicuramente, stiamo vivendo un periodo di grande imprevedibilità e incertezze, bene, in questo caso dobbiamo rendere ridondante la nostra resilienza e rivalutare il valore dell’inefficienza. Sarebbe troppo lungo entrare nel dettaglio tecnico di cosa sia lo stile manageriale e di lavoro della TEAL, basti sapere però che è si una rivoluzione, ma una rivoluzione gentile. 



Tu sei un Exceutive coach. Raccontaci la tua esperienza quando entri in azienda e regalaci qualche spunto di lavoro concreto.

Certamente. Parto dalla testa. Poi, il resto del corpo. Se non si condivide prima un lavoro con la Leadership, il Management e la Governance in generale, diventa tutto inutile. Quindi parto proprio dal team degli Executive o dall’Executive. C’è un set di domande semplici, ma non banali, a cui bisogna dar risposta. Quindi si devono capire obiettivi e necessità nonchè di disponibilità, di tempo, di soldi (ma vedremo che è sempre meno necessario) e di impegno. Trattando di argomenti molto innovativi, non posso far altro che condurre un audit conoscitivo e fare della formazione. Fortunatamente ho messo a segno alcune partnership con agenzie di formazione finanziata, che permettono di rimborsare interamente o quasi, i costi della formazione. Dato che la mia consulenza non è altro che un insegnare al gruppo a comportarsi diversamente, ascoltarsi, domandarsi, rispettarsi, coinvolgersi insomma, cooperare in competitività interna, per vincere la competizione esterna all’azienda il più delle volte mi trovo a farmi capire, facendolo.
Non c’è miglior insegnante che la vita. E non c’è miglior lezione che quella che si può imparare sbagliando. Poi, quel che mi piace fare, anzi, che amo fare, è mettere in contatto le persone tra di loro. Abilitare link di universi paralleli che non si sarebbero mai incrociati altrimenti. E garantire per tutti, un certo codice comportamentale, ovvero, prima, si pensa a fare gli interessi altrui, e poi, quando si è certi che l’altro è soddisfatto e anzi che mi è grato, allora penso ai miei. Pena, morte dolorosa da parte mia. Tutti sanno che ci metto la faccia e che così facendo, creo ponti di fiducia che permettono di operare a una velocità impensabile prima. Questa cosa poi è ancora più bella quando oltre ad abilitare a queste connessioni, si nobilitano le relazioni. E lì succede la vera magia. Si è tutti più felici e si vive meglio. Il lavoro a quel punto è un divertimento, un gioco, e devi tenere sotto controllo il fisico, allenarti, fare sport, alimentarti nel modo corretto altrimenti rischio infarto o malattie non belle. Insomma, in teoria una rivoluzione totale, in pratica, un ‘ozio creativo’ come direbbe il sociologo Domenico De Masi in sospensione tra gioco, studio e lavoro. 

Non ti fai mancare nulla… Sei anche membro della Serendipity Society. Penso che questo tipo di orientamento e approccio alla vita dovrebbe essere insegnato sin dalle scuole dell’Infanzia. I bambini sono naturalmente portati, poi gli schemi, alcune rigidità di insegnamento ci fanno perdere questo modo di ‘vivere’ la vita. Spiegaci di cosa si tratta e cosa fate.

Non confondiamo un concetto, la disciplina è indispensabile, vivere periodi anche lunghi di noia, di incomprensione, di disinteresse per una materia è sano. è normale. Spesso quando iniziamo a studiare qualcosa di nuovo, non ne capiamo il senso, non ne capiamo il valore. Altrimenti, già sapremmo l’universo di significati e significanti che implica comprendere con contezza quell’argomento. Ebbene, aspettiamo a trarre le conclusioni, diamoci da fare e mettiamoci passione ed entusiasmo. Come scelta di campo. Anche se non ti piace, non capisci o non ti interessa. E più fatichi, meglio è. Stai allargando l’orizzonte di possibilità e ambiti in cui, non sei una scimmia ignorante. Quando però entriamo in modalità di ricerca, qualcosa succede. È come se stessimo ad ascoltare la scimmietta mai quieta, quella di cui parla Oscar Farinetti nel libro Never Quiet. E allora, lì, devi tenere gli occhi aperti a cosa trovi, perché devi realizzare, cioè renderti conto, se stai inciampando o meno su una merda sul marciapiede, o se invece, stai trovando qualcosa che per te è molto meglio di quello che stavi cercando. Ecco, questo è la serendipity. Da pochi anni a questa parte, è nato un think tank che vuole portare dignità scientifica allo studio accademico e sistemico della Serendipity come scienza. È un onore per me farne parte ed essere annoverato tra i primi aderenti. Non è mai troppo presto o troppo tardi per rendersi conto di tutto ciò e iniziare così un percorso di stimoli e ricerca personale. A quel punto, il lavoro diventa una conseguenza piacevole e necessaria per comprendere, capire, trovare o costruire, realizzare, ciò che desideri. Ciò che dà senso alla tua vita. 

Con il Circolo dell’Innovazione a Torino organizzate numerosi eventi. Di cosa vi occupate e cosa avete in programma nei prossimi mesi così da sapere dove seguirvi.

Si, e grazie della domanda, il Circolo dell’Innovazione è un ThinkTank che genera gratitudine. È una libera associazione, che sta negli occhi di chi lo vede. Abbiamo una bellissima sede, in Via Maria Vittoria 26 a Torino, presso il piano nobile di Palazzo Coardi di Carpeneto ma è un non-luogo. Perché l’innovazione, è un non-luogo tra ciò che non c’è più e ciò che non c’è ancora. Aggreghiamo persone e contenuti sui temi di cultura e innovazione e lo facciamo per contribuire a realizzare utopie generando gratitudine ed esponendoci a serendipity. Insomma, una sorta di palestra di gruppo, in cui fare amicizia con nuove persone, e stimolarci a vicenda a migliorare. A breve apriremo le porte dando vita allo U club (un club upper level per fare networking e crescere insieme, con libero accesso dalle 19 alle 3 di notte) e un servizio di Social CoworKing a Palazzo, non un affitto scrivania, ma un vero e proprio salotto di interazione e riflessione, dalle 9 alle 19 per chi ha piacere di frequentarci di giorno. In entrambi i casi sto cercando di convincere il Consiglio Direttivo a stare sotto i 500€ all’anno come quota associativa. Perché non vogliamo essere un club elitario, ma un elit inclusiva e partecipativa. Ma non basta, in questi anni di sperimentazione continua e continui errori, abbiamo finalmente capito cos’è che fa la differenza rispetto ai mille coworking o community di innovatori ed quindi lanceremo anche la possibilità di aderire al ‘C.O.M.O.D.I. a Palazzo’ un acronimo che sta per Cooperative Method Officina delle idee (del “Circolo dell’innovazione”).

Grazie Matteo e buon lavoro.